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Confrontarsi con l’esperienza del parto, assume maggiori significati per una donna, nell’era dell’assistenza medicalizzata alla maternità, dalla gravidanza al parto. I progressi tecnologici e scientifici ci mettono a disposizione conoscenze sulla fisiologia della gravidanza, igiene, alimentazione e profilassi, grazie ai corsi di preparazione alla nascita, inoltre ci forniscono metodi per intervenire direttamente sul modo di vivere l’esperienza preparatoria alla nascita (la gravidanza) e il suo epilogo, il parto.
Sempre meno scontato come evento naturale e biologico, tanto più il momento del parto si connota in termini psicologici: da una parte come evento di crescita ed espansione dell’esperienza personale, oppure, di contro, come una sfida, tale da diventare, per la donna, la prestazione ansiosa della propria capacità di affrontarlo e gestirlo “bene”.

L’emozione prevalente che suscita l’evento del parto è quella dellapaura.

La paura associata al parto è la paura del dolore.
Il dolore delle contrazioni uterine è fisiologicoritmico, con un’onda caratteristica in cui alla contrazione segue il rilasciamento, al dolore segue una pausa, con un picco d’intensità che poi cala verso un senso di benessere e ripresa.

L’emozione di paura associata al parto, se pervasiva, se associata alla paura di non farcela e al rifiuto dell’esperienza, porta ad un aumento della rigidità muscolare e dei tessuti, al blocco del respiro; l’intolleranza della paura e la non accettazione dell’andamento della curva del dolore (l’onda), generano un circolo vizioso di dolore continuo, nell’impossibilità di lasciarsi andare, dove la paura alimenta un’anticipazione del dolore e un abbassamento della soglia del dolore. A volte possiamo rintracciare nei racconti di tali esperienze, una difficoltà a recuperare integrità fisica, uno stato di vuoto nel ventre vissuto negativamente, una difficoltà a riconoscere la separazione dal proprio bambino.

In realtà l’aspetto ritmico del dolore rappresenta una forma di analgesia naturale, mentre la valutazione della percezione del dolore è soggettiva e influenzata da fattori culturali, cognitivo-emotivi, familiari:
– Sensibilità al dolore: la localizzazione e la qualità del dolore (intensità, durata della contrazione, tempo del travaglio) influisce sulla percezione e può essere favorita da massaggi, acqua, rilassamento e movimento; inoltre, la percezione soggettiva del dolore si modifica a seconda del significato personale attribuito alla propria capacità di sopportarlo e alle risorse che in quel momento si pensa di avere per affrontarlo.

– Credenze, pensieri, valutazioni: gli aspetti cognitivi costituiscono una struttura di esperienze passate, valutazioni su di sé e sull’idea del parto, anche dal punto di vista culturale, che condizionano l’esperienza del parto nella sua fase preparatoria, durante la gravidanza e nel corso del parto. (Fare bene, dare il massimo, non fallire, tutti si aspettano che tale evento si svolga in modo spontaneo e naturale).

– A livello sociale: emerge la preoccupazione di dover inibire le espressioni e le manifestazioni di dolore, con una tendenza al mantenimento dell’autocontrollo.

Trattare il dolore in termini di analgesia (come pratica tendente a ridurre, contenere e alleviare il dolore), solleva altre importanti questioni che arricchiscono i confronti tra la soluzione degli anestesisti(epidurale) e le proposte delle ostetriche: riuscire a farcela da sole, riuscire a sopportare, ma quanto e fino a che punto? L’analgesia forse ci priva della possibilità di tollerare l’incertezza, di non sapere quale sarà il nostro limite, non potendo lasciarsi andare alla scoperta e sottrarsi così alla partecipazione del dolore che accompagna il travaglio.