Lo stress genitoriale: quali effetti può avere sul bambino e come prevenire

post-partumLa nascita di un bambino porta con sé una serie di cambiamenti di natura sociale e psicologica e nella gestione e organizzazione della vita quotidiana. Vari fattori possono generare nei neo-genitori elevati livelli di stress che possono rendere più difficoltosa l’assunzione del ruolo genitoriale e la relazione col neonato. Tra questi fattori rientrano le caratteristiche del bambino (alcuni possono risultare più vivaci e iperattivi rispetto ad altri, più esigenti o possono piangere più frequentemente); talvolta possono aggiungersi particolari problematiche o patologie del bambino, quali ritardo mentale, iperattività, disabilità, autismo, ecc. Anche un parto prematuro o problematiche legate al parto possono anch’esse aumentare i livelli di stress e ostacolare l’instaurarsi della relazione madre-bambino. In questi casi il bambino prematuro o con patologie può rivolgersi al genitore con modalità differenti, meno evolute rispetto agli altri bambini, può ricorrere più frequentemente al pianto e questo può rendere più stressata e irritabile la neo-mamma, già alle prese con tutti i cambiamenti che la nascita di un bambino comporta.

La letteratura ha inoltre dimostrato come il 48% dello stress delle neo-mamme possa essere spiegato dal temperamento del bambino, dallo scarso supporto sociale, dagli eventi stressanti della vita, dall’ età della madre, dal livello di istruzione, dal numero dei figli e dal carico di lavoro della madre. Dunque, tutti questi elementi, in particolari situazioni di vulnerabilità dei neo-genitori, possono generare alti livelli di stress e talvolta è possibile che si associno sintomi depressivi.

Lo stress genitoriale può avere degli effetti sul bambino in termini sia di attaccamento della relazione madre-bambino che di adattamento comportamentale: in particolare possono insorgere disturbi della condotta, aggressività, disturbi dell’attenzione e ritiro sociale.

Da questo si deduce quanto sia importante gestire lo stress genitoriale e i sintomi depressivi sia per il raggiungimento di un maggior benessere personale e di coppia, ma al contempo per instaurare una buona relazione di attaccamento madre-bambino e per non inficiare lo sviluppo del proprio bambino.

Alcune strategie possono risultare utili per contenere i livelli di stress: ad esempio ricercare delle risorse nella propria rete familiare e sociale (farsi aiutare da un parente o un’amica o una baby sitter nella gestione quotidiana del bambino), dividersi i compiti e le responsabilità col proprio partner, stabilire delle priorità rispetto alle attività quotidiane da svolgere e non preoccuparsi eccessivamente se non tutte vengono svolte adeguatamente e secondo i propri standard, dedicarsi anche ad attività piacevoli e di svago, preferibilmente in compagnia, per ridurre i livelli di stress e i sintomi depressivi,  o praticare attività fisica. E’ possibile inoltre richiedere un aiuto specialistico di supporto o psicoterapico a seconda delle necessità.

Vivere la maternità: gli stili genitoriali

post-partumLa nascita di un bambino porta con sé aspettative, fantasie e rappresentazioni di sé come madri e della relazione col proprio bambino. Ogni donna, nello specifico, in base ai propri vissuti personali e psicologici, sviluppa uno stile materno. In particolare Raphael- Leff ha definito l’esistenza di 3 stili materni: quello della madre “facilitante”, quello della madre “regolatrice” e quello intermedio della “reciprocità”.

La madre definita “facilitante” concepisce la maternità come un’esperienza positiva, coglie principalmente i benefici che ne derivano, accetta la gravidanza e i cambiamenti che essa comporta, è pronta a diventare madre e si prepara gradualmente durante la gravidanza ad accogliere il neonato. La madre facilitante idealizza, in genere, la gravidanza e la maternità, non cogliendo possibili difficoltà o problematiche. Dopo il parto la neo-mamma dedica tutto il suo tempo e le attenzioni al piccolo, tende a rimandare il più possibile la ripresa dell’attività lavorativa ed è disposta a sacrificare i propri bisogni e desideri per il benessere del proprio figlio.
La madre “regolatrice”, invece, si mostra più intollerante nei confronti dei cambiamenti che la gravidanza e la maternità portano con sé, non accetta i cambiamenti corporei e gli impedimenti che ne derivano, considera il bambino un intruso che si impossessa del proprio corpo e che le impone di fermarsi o perlomeno di rallentare i ritmi e considera il parto come un’esperienza negativa e potenzialmente traumatica. Per questo motivo, dopo il parto cerca di riprendere il prima possibile l’attività lavorativa affidando le cure del bambino ad altre figure di riferimento.
In una posizione intermedia e ottimale si colloca, invece, lo stile materno della “reciprocità”: la gravidanza viene concepita come un’esperienza abbastanza positiva senza essere idealizzata e si riconoscono sia le emozioni positive legate all’assunzione del ruolo genitoriale e alla formazione di un proprio nuovo nucleo familiare sia quelle di stanchezza, fatica e rammarico per i cambiamenti che la nascita di un bambino comporta a livello personale, professionale e sociale. La neo-mamma fantastica sul bambino e si crea delle aspettative su come sarà ma senza esagerare per evitare di restarne delusa.
Riconoscere il proprio stile genitoriale può risultare utile nel momento in cui il periodo della gravidanza e del post-partum generano qualche malessere emotivo o psicologico nella donna e può risultare proficuo cercare di creare un compromesso tra le esigenze e i bisogni del piccolo e quelli altrettanto importanti della neo-mamma.

Gravidanza e post-partum: cosa accade nella mente dei neo-genitori

consigli utili_gravidanzaLa gravidanza e il post-partum costituiscono un periodo particolare nella vita della donna, i cui cambiamenti fisiologici e ormonali sono spesso oggetto di studio delle professioni sanitarie. Tuttavia, anche grandi cambiamenti e vissuti di natura psicologica caratterizzano e accompagnano la donna in questa fase delicata.

Dunque, cosa accade nella mente della donna quando scopre di essere incinta? E cosa avviene quando si distacca dal bambino al momento del parto? E la coppia come si modifica? Quali cambiamenti subisce la quotidianità?

A queste domande cercheremo di dare una risposta in questo articolo.
La Benedek ha definito la gravidanza come un evento psicosomatico caratterizzato da cambiamenti di natura sia fisiologica che psicologica. La Bibring, invece, ha definito la gravidanza una “crisi maturativa”, un processo in cui si riattivano conflitti legati al periodo infantile e si riattualizzano processi di identificazione con la figura materna. Secondo la Pines (1982), le neo-mamme in questa fase del ciclo vitale ridefiniscono la propria identità femminile, rivivono il processo di separazione-individuazione dalla propria madre avvenuto durante l’infanzia e sperimentano una duplice identificazione con la madre e il feto: sono allo stesso tempo figlie delle loro madri e madri dei loro figli.
Durante la gravidanza e il post-partum, la donna tende ad esperire un’alternanza di emozioni sia positive che negative: da un lato la gioia e la speranza, associate ad un desiderio di maggiore realizzazione personale e ad un completamento del rapporto di coppia e dall’altro l’ansia legata spesso a preoccupazioni e timori rispetto ai cambiamenti che avverranno nel post-partum, al momento del parto e al proprio ruolo genitoriale.
Molteplici risultano i cambiamenti che caratterizzano la donna e la coppia in questo periodo del ciclo vitale. Innanzitutto, nella donna si modifica a livello psicologico la propria immagine corporea: durante la gravidanza ci si trova a dover accettare l’aumento di peso e l’impossibilità, soprattutto negli ultimi mesi della gravidanza, di poter svolgere alcune attività fisiche che richiedono sforzi e fatiche; nel post-partum, invece, ci si trova a dover accettare la perdita della gravidanza e del bambino interno e a rinunciare ad alcuni vantaggi secondari della gravidanza (es: ricevere attenzioni particolari da familiari e sconosciuti); nel post-partum insorgono inoltre preoccupazioni legate al recupero della propria forma fisica.
Altri cambiamenti si verificano sia a livello sociale che psicologico: è importante accogliere il terzo all’interno della coppia, essere pronti ad assumere il proprio ruolo genitoriale e talvolta rinunciare alla propria libertà e allo stile di vita antecedente la nascita del bambino; è necessario riorganizzare le proprie giornate in base alle esigenze del bambino e accettare che, soprattutto nei primi tempi, il bambino richiederà molte attenzioni e molto tempo. Anche conciliare la carriera con le esigenze di un bambino piccolo può essere difficile da gestire e può generare ansia.
Durante la gravidanza, tutte le donne fantasticano sul proprio bambino, sul genere, sul nome, sull’aspetto fisico e si creano delle aspettative rispetto a quello che accadrà nel post-partum. In questo consiste il “bambino ideale”: esso indica che non solo esternamente ma anche nella propria mente si inizia a fare spazio al nascituro e si è predisposti ad accoglierlo nella quotidianità. Tuttavia in alcuni casi, le aspettative e le fantasie possono risultare eccessive e questo può comportare un senso di fallimento e una delusione molto alti nel momento in cui il bambino non risponde alle proprie previsioni. Dunque, è importante in questo caso trovare il giusto mezzo: fantasticare sul bambino, ma accettare che le aspettative potrebbero non essere corrisposte completamente.
Ma cosa accade nel partner e all’interno della coppia? L’arrivo di un bambino inevitabilmente sconvolge l’equilibrio familiare instaurato fino a quel momento ed entrambi i neo-genitori è importante che accolgano e che accettino sia a livello reale che immaginario l’arrivo di un terzo e il passaggio dalla diade alla triade. La nascita di un bambino richiede un processo di adattamento che coinvolge e interessa anche il neo-papà, nel quale avvengono riattivazioni legate alla propria infanzia e processi di identificazione con la figura paterna. Alcune ricerche hanno dimostrato che l’assunzione del nuovo ruolo genitoriale può ridurre il grado di soddisfazione e di benessere percepito dalla coppia. Il partner oltre a svolgere il ruolo genitoriale di padre costituisce un’importantissima figura supportiva per la donna e il sostegno reciproco e la divisione dei compiti possono essere fondamentali per la prevenzione di disturbi psichici del puerperio nella donna.
Una domanda che spesso ci si pone in gravidanza e maggiormente nel post-partum riguarda il proprio senso di adeguatezza e di competenza rispetto all’assunzione del ruolo genitoriale: Sarò una brava madre? Saprò comprendere i segnali del bambino? Saprò rispondere in modo adeguato? Si tratta di domande legittime alle quali ogni mamma darà una risposta differente a seconda del suo vissuto personale e della sua autostima. Un costrutto che consente di rispondere a questa domanda è quello relativo alla “self-efficacy, ossia quanto i genitori si percepiscono capaci di rapportarsi e di comportarsi in modo adeguato con il bambino; un livello di auto-efficacia piuttosto alto riduce i livelli di stress nel post-partum e aiuta ad accettare e ad affrontare con più facilità le difficoltà quotidiane.

La depressione può essere indotta dalla mancanza di sonno?

Il post partum di per sé è un periodo faticoso per i tanti cambiamenti che comporta non solo nella donna ma anche all’interno della coppia. La mancanza di sonno protratta nel tempo incide sicuramente rendendo più vulnerabile la donna alla possibile insorgenza dei disturbi dell’umore. E’ quindi consigliabile, soprattutto dove ci sia un bambino che abbia difficoltà nello stabilire un corretto ritmo sonno veglia, che la coppia crei attorno a sé una buona rete di supporto.

Come si riesce ad accorgersi di avere la depressione?

Generalmente la donna si accorge dei sintomi depressivi anche in fase iniziale. Tuttavia emozioni di tristezza, ansia, inadeguatezza possono essere normali in una fase delicata e di cambiamento come il post partum. Tali sintomi meritano invece un attenzione clinica quando diventano prevalenti nell’arco della giornata e presenti ogni giorno. In questo caso in genere le difficoltà maggiori per la neo mamma stanno nell’ammettere questo stato emotivo di malessere e di conseguenza nel decidere di chiedere aiuto. Si parla infatti ancora troppo poco di questo disturbo che quindi viene spesso vissuto dalla donna con sentimenti di vergogna e paura.

E’ necessario nel post-partum una presenza fissa di un familiare a fianco della madre?

È necessario che la mamma sin dalla gravidanza possa individuare delle figure di riferimento in cui riporre la propria fiducia e a cui esplicitare senza imbarazzo le proprie difficoltà. Più che la presenza continua 24 ore su 24 di una persona fisica al suo fianco, la neo mamma ha bisogno di sapere che alcuni familiari sono disponili e attenti ad accogliere eventuali richieste. A tale proposito la madre non deve dimenticare come il  papà del bambino abbia un ruolo altrettanto significativo nell’accudimento e nella crescita psicofisica del figlio oltre che costituire una presenza importante e continua nel contesto familiare accanto alla madre.

Per curare la depressione post-partum è sempre necessario un approccio farmacologico?

Usare i farmaci per la depressione puerperale non è l’unico modo per curarla. Tuttavia non bisogna sottovalutare l’intensità dei sintomi e le ricadute che la depressione può avere sulla mamma e sulla relazione con il bambino. Pertanto la terapia farmacologica deve essere vista come una opportunità di cura e non come un intervento da demonizzare. Una scelta alternativa al farmaco deve essere individuata insieme allo specialista psichiatra per evitare di utilizzare rimedi e presidi non farmacologici che non sono in grado di curare e guarire la depressione.

Quali sono le strategie per affrontare le depressione postpartum?

Ci sono diversi interventi che si devono adottare per superare una depressione post-partum. E’ importante affidarsi ad una specialista psichiatra perchè la depressione è una malattia della mente. Insieme allo specialista si identifica l’obiettivo di cura in base all’intensità della depressione ed alle ricadute che questa ha sulla vita della neo-mamma. Si possono utilizzare farmaci antidepressivi, ansiolitici ed ipnotici per dosaggi minimi efficaci e tempi congrui. Si può procerede con una intervento di psicoterapia che supporti o intervenga sulle problematiche prioritarie che la depressione mette in evidenza. Si può intervenire con farmaco e psicoterapia insieme. L’importante è non decidere di fare da sola o di pensare che è solo “un momente brutto” e che poi tutto passa perchè una depressione non curata peggiora e ha dei tempi più lunghi di guarigione.

La depressione può essere indotta dalla mancanza di sonno?

Il post partum di per sé è un periodo faticoso per i tanti cambiamenti che comporta non solo nella donna ma anche all’interno della coppia. La mancanza di sonno protratta nel tempo incide sicuramente rendendo più vulnerabile la donna alla possibile insorgenza dei disturbi dell’umore. E’ quindi consigliabile, soprattutto dove ci sia un bambino che abbia difficoltà nello stabilire un corretto ritmo sonno veglia, che la coppia crei attorno a sé una buona rete di supporto.

Quali sono le situazioni di maggiore rischio per sviluppare la depressione post partum?

Secondo gli studi in letteratura esistono diversi fattori di rischio che possono aumentare la possibilità di sviluppare la depressione post partum: avere sofferto in passato di una forma depressiva, presenza di familiari che soffrono o abbiano sofferto di un disturbo psichiatrico, ansia in gravidanza, breve intervallo tra le gravidanza, eventi di vita stressanti (lutti, cambi di abitazione, aborti, separazioni), problemi di salute del bambino e rapporti conflittuali con il partner e/o con la famiglia d’origine.

Come può il partner aiutare la mamma nel periodo del post-partum?

Il partner può contribuire nei lavori domestici, nell’organizzazione familiare e nell’accudimento del bambino. Potrebbe assumersi dei ruoli precisi nella cura del bambino per facilitare il legame di attaccamento con il proprio figlio, sentendosi maggiormente coinvolto e gratificato. In tal modo la madre potrà riconoscere il legame  padre-bambino permettendosi di dedicarsi anche un po’ a se stessa.
Inoltre partecipando alla routine quotidiana del bambino, potrà comprendere le sue esigenze anticipandone  i bisogni senza essere sempre sollecitato dalle richieste materne.
È importante che il partner riesca a riconoscere eventuali difficoltà della propria  compagnia, aiutarla a recuperare aspetti di sé quali il riposo, il tempo libero ecc. In questo modo la sosterebbe a non rifugiarsi solo nel ruolo di madre, ma a recuperare la sua veste di donna e moglie, con beneficio anche sul rapporto di coppia.

Come riacquistare la sessualità con il partner dopo la gravidanza?

Nella coppia, entrambi dovrebbero sforzarsi di cercare la complicità con il proprio partner, rispettandone sensibilità e stanchezza, cercando di aiutarsi, condividendo gioie e fatiche di questo primo periodo. Sdrammatizzare, ogni tanto, anche prendendosi un po’ in giro è più efficace del crearsi falsi problemi, lasciando che il tempo gradualmente riporti tutto ad una nuova normalità.